Il suo corpo ed il mio un'ultima volta 4° parte

Il suo corpo ed il mio un'ultima volta 4° parte

“Non ce la faccio. Scusa. Ho perso il controllo. Non riesco a controllarmi!” il tono della sua voce si fa agitato a pronunciare tali parole mentre si allontana da me.

Lo vedo muoversi freneticamente avanti e indietro per la stanza visibilmente irrequieto. Porta le mani alla testa, si tira indietro i capelli e sospira.

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Suda e il suo viso diviene sempre più colorito.

“Non ce la faccio. Non riesco più a controllarmi! Devo andare!” afferma smarrito e in preda al panico.

“Ma come? dobbiamo ancora andare a prendere il caffè” ribatto allora preoccupata.

“Lo so, ma non ho tempo! Devo andare a lavoro… davvero!” risponde sempre più fuori di sé cercando invano di far sembrare sincere le sue parole.

“Vieni stasera però! dovevamo fare il pranzo insieme e non sei venuto…almeno mi devi la cena!” lo imploro.

“Poi resti con me a dormire, dai…non penserai mica di lasciarmi da sola stanotte? Non mi bastano i peluche!” sorrido, mentre un mare infinito di tristezza sommerge il mio sguardo e  si posa in fondo agli occhi.

Mi guarda. E sempre più accalorato alla vista del mio corpo vestito solo da un seducente perizoma di pizzo, grida: “io non ce la faccio a vederti nuda! Non rispondo delle mie azioni!”

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Quelle parole furono musica per le mie orecchie!

Voleva la guerra? Bene. L’avrebbe avuta!

Con fare carico di seduzione e un’abbondante dose di malizia, mi sfilo sinuosamente l’unico indumento che mi era rimasto addosso, pronta alla vendetta.

“Beh, io comunque devo farmi la doccia per cui devo spogliarmi…” esclamo divertita.

I suoi occhi percorrono voracemente ogni centimetro della mia pelle nuda e completamente esposta alla sua vista.

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“Sto male! Così non ce la faccio!” borbotta dirigendosi in bagno e gettandosi sul viso una copiosa quantità di acqua fredda.

Agitando i fianchi in una camminata felina e accattivante, mi dirigo verso la porta del bagno e lo osservo provocante.

Non appena si sposta dal lavandino e si volta verso di me, gli getto le braccia al collo e lo bacio con ardore e desiderio inaudito.

Le nostre bocche affamate si divorano insaziabili l’una dell’altra.

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“Adoro il tuo sedere!” gli sussurro lussuriosa mentre, con le mani, afferro lasciva il suo fondoschiena.

“Lo so…” risponde lui, baciandomi con passione mentre energicamente affonda le dita sui miei glutei palpandoli con smania e fervente desiderio.

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“Guarda che capelli orribili che ho?” dico rivolgendo uno sguardo allo specchio del bagno che ci rifletteva.

“Erano mossi e belli…erano.” concludo toccando le ciocche che mi cadono leggere sul seno.

“Sei bella anche ora” sussurra serio.

Intanto le nostre bocche riprendono insaziabili ad incollarsi e cercasi sempre di più. Parevano non bastarsi mai.

I nostri corpi riuscivano ad incastrarsi in una maniera così perfetta da non riuscire a distinguere più nemmeno dove cominciava il suo e finiva il mio.

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“Come poteva rinunciare a tutto questo?” pensai non appena si scostó inaspettatamente da me.

“No! Cosí non si può! tu giochi sporco!” strepitó puntandomi il dito contro minaccioso mentre mi osservava nuda seduta sul letto incavallare le gambe e guardarlo con sguardo innocente e al contempo provocante.

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“Hai cominciato tu a togliermi la maglietta…” gli dico onesta e genuina come sempre, consapevole di avere il coltello dalla parte del manico.

“Sì è vero, hai ragione! Ho perso il controllo, scusami… è colpa mia! é meglio che io sto qui e tu stai lí….non riesco a controllarmi!” Esclama in subbuglio e completamente stravolto d’emozione.

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“Ma dai cosa stai dicendo! Cosa significa io qui e tu lí…” affermo turbata.

Mi alzo e mi avvicino a lui. I nostri corpi così vicini, le nostre bocche così avide, le nostre mani così frementi.

È un attimo che ci troviamo nuovamente avvinghiati l’uno all’altra a saziarci di nuovi baci ancora più appassionati e sofferti, completamente catturati dalla nostra incontenibile voglia d’amarci senza pudore alcuno.

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Mi siedo sul letto e lo osservo guardarmi sempre più attratto e bramoso del mio corpo.

“Girati un attimo che ti faccio una cosa…” mi bisbiglia pacato.

“Devo sdraiarmi e girarmi di schiena?” domando allora, eseguendo al meglio ció che mi aveva chiesto di fare.

Mi trovavo distesa, completamente nuda, con il sedere totalmente esposto alla lussuria dei suoi occhi voraci.

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“Vado bene così?” gli domando voltando leggermente il viso verso lui.

Ma non feci in tempo a finire quella domanda, che sentii impetuose le sue dita penetrarmi con foga.

Si muovevano abili avanti e indietro dentro di me con fervore.

Così veementemente da non riuscire più a controllare la mia passione.

Gemiti acuti e sensuali fuoriuscirono dalle mie labbra straziate, mentre il mio viso si trasformava cambiando forma ed espressione ad ogni suo ardente movimento audace nella profondità delle mie carni pulsanti di incontenibile desiderio di possederlo per sempre.

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“Shhhh” mormorò bloccandomi la bocca con una mano per impedirmi di gridare in preda alla passione.

Il mio viso dilaniato si contorceva sempre di più mentre i miei denti gli mordevano la mano  per sopportare l’amabile e proibita tortura a cui mi stava crudelmente sottoponendo.

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Ero completamente abbandonata alle sue dita. Consumata in preda alla disperazione della lussuriosa e amabile tortura che mi stava infliggendo per punirmi.

Le sue penetrazioni si fecero sempre più rapide ed energiche e più lo sentivo toccare esperto le pareti più sensibili dei miei sensi, più sentivo forte il piacere invadere ogni singola particella del mio corpo fino a farmi quasi scoppiare in una colossale esplosione di puro e ineffabile godimento.

Si muoveva avanti e indietro sempre più accanito, spingendo sempre più in profondità. E lo fece finché non tracció, con dita di seta, l’intera superficie delle mie labbra bagnate e pulsanti ancora bisognose di lui.

Della sua collera, della sua voglia incontrollabile, del suo sesso.

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Ma lui, senza pietà, si scostó dal mio corpo lasciandomi così. Nuda, inerme e tremendamente eccitata, distesa su di un letto che ben presto mi avrebbe vista sola con la mia sempre più irreprimibile e inappagata voglia tra le cosce, imploranti la sua passione.

Con fatica, mi sedetti sul letto e lo osservai ancora frastornata, uscire dal bagno.

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“Così mi uccidi tu, però…” sussurrai debilitata e con occhi innocenti non appena mi fu di fronte.

“Ecco, ora cosí capisci quello sento io…” mi risponde sgranando gli occhi agitato e puntandomi il dito contro.

Non ci potevo credere. Mi aveva torturata, eccitata, e lasciata fremente dalla voglia che non avrei mai soddisfatto, soltanto per farmi crudelmente provare lo stesso strazio che sentiva lui a non avermi completamente sua. A non appagare le sue libidini.

Si avvicina verso me. Mi accarezza dolcemente  il viso con una mano e sollevandomi il mento mi dice: “Sei una brava ragazza…ciao, devo andare!”.

Mi bacia castamente prima la fronte e poi le labbra. E ripete questa dolce sequenza svariate volte.

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Come non riuscisse più ad andare via.

Come se fosse ormai divenuto dipendente delle mie labbra, della mia pelle, dei miei baci e non riuscisse piú a farne a meno per respirare.

Lo guardo spaurita dritto negli occhi quasi a volerlo supplicare, ma lui mi posa le sue labbra sulla fronte e poi sulle mie per baciarmele un’ultima volta e si allontana da me.

Quello fu l’ultimo bacio che mi diede ma di ultimo non aveva proprio niente.

Perchè ogni bacio che ci saremmo donati rubandolo al tempo, avrebbe avuto sempre l’inconfondibile sapore di eterno tra noi.

Ma lui era già lí, vicino alla porta, sul punto di andarsene, così, drizzandomi veloce in piedi, mi affrettai a raggiungerlo.

“Vieni a fare la doccia con me, dai…” bisbigliai sorridendogli.

“No, guarda, non risponderei di me stesso!” si affrettò a zittirmi deciso.

“Ma dai l’abbiamo fatta ancora insieme…è stato così bello…” ribattei allora, con voce sognante.

E in quel momento, milioni di ricordi si fecero spazio tra i miei pensieri più sublimi.

Nella mia mente un susseguirsi di scene meravigliose si fecero nitide e chiare, quasi reali. Io e lui in una notte senza fine.

Dentro quella doccia in cui le sue mani delicate lavano la mia pelle come seta.

In cui i nostri occhi si cercano, le nostre labbra bagnate si uniscono e i nostri sorrisi si specchiano illuminando il mondo.

il nostro mondo…

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Dio quante emozioni in quegli istanti lunghi una vita e troppo indelebili nelle mie molecole per poterli facilmente cancellare…

Le sue dita che bagnate attraversano le mie natiche e si insinuano tra le labbra che fremono pulsanti al solo sentirsi sfiorare dal suo delicato tocco incomparabile.

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Un vortice improvviso nello stomaco e un senso di estranea felicità che mi prende ad ogni gesto d’amore che spontaneamente mi fa.

Quanta malinconia… al solo pensare che non avrei mai più rivissuto nessuna di quelle scene perfette che si erano materializzate davanti ai miei occhi nella vana speranza di poterle riavere in quell’istante.

Lí, in quella diversa, ma comunque speciale, stanza di hotel…

“No, non riuscirei a trattenermi…è meglio che vada!” aggiunge appropinquandosi sempre più alla porta che me lo avrebbe strappato via per sempre.

“Però stasera torni vero? Dobbiamo cenare insieme, poi resti a dormire con me…” domando allora preoccupata come se già avessi capito tutto…

“Non lo so…dipende a che ora finisco, se ho da fare…” risponde lui, sfuggendo al mio sguardo.

“Senti, almeno viviamoci questa giornata al meglio. Divertiamoci…Sì, cioè… mangiamo insieme e guardiamo la TV tranquillamente poi magari non ci rivediamo più… ma ti prego, fammi passare serenamente questa giornata!” lo supplicai con tutte le mie forze. Anche quelle che non avevo più. Che avevo perduto tra parole ed emozioni. Tra sospiri profondi e battiti celeri di cuore.

Avrei fatto di tutto per poterlo trattenere.

Per averlo accanto ancora qualche istante di più; ma la verità, la triste e acre realtà, è che non c’era niente che avrei potuto fare ancora per impedirgli di fuggire di nuovo da me.

E lo sapevo bene.

“Lo sai che non andrebbe a finire così…” mi risponde lui deciso e risoluto ad andarsene via.

“Dai, ti scrivo dopo…devo andare!” Conclude poi.

Ero al culmine. Stavo perdendo completamente la pazienza, oltre alle speranze…

“Sí, mi scrivi dopo… so già che cosa mi scrivi!” gli getto addosso esasperata.

“Mi arriverà il solito messaggio schifoso con scritto: non posso, sono stanco…non riesco a venire!” concludo seccata con voce canzonatoria per prenderlo in giro.

“Ah parlo così?” mi chiede allora divertito nel sentire la mia voce storpiata appositamente per schernirlo.

“Siiii parli cosi!” rispondo instizzita un po’ per giocare.

“Gne Gne…” ribatte lui facendomi la linguaccia e continuando complice, il mio gioco infantile.

Con una smorfia gli rifaccio la linguaccia per non dargliela vinta e giuro, che avrei continuato a giocare con lui per il resto della mia vita.

Amavo quella nostra complicità generata dal niente. Quel nostro capirci senza dire una parola. Quel nostro stare bene ascoltando una canzone o semplicemente il ritmo solerte del nostro cuore.

Amavo lui. E non smetterò mai.

Lo sentiró vivere per sempre nell’inquietudine della mia anima solitaria.

“Ti scrivo dopo…adesso devo andare!” ripete aprendo la porta.

E quando stette per andarsene, non trattenni le parole…

“Bravo codardo, scappa!” gridai accanita e in preda al dolore.

“Sì! è troppo forte quello che provo, devo scappare…è la cosa migliore!” sospira poi portandosi una mano al petto con il viso in fiamme.

“Sei un codardo!” gridai ancora, con tutto il fiato che avevo dentro, prima di vederlo tragicamente uscire da quella maledetta porta d’addio.

“Ciao.” mi dice, prima di chiudersela alle spalle e dissolversi in quel nulla che mi avrebbe perseguitata per sempre.

“Ciao” sussurro a fil di voce stremata dal dolore.

Nonostante ci avessi giocato e riso un po’ su, lo sapevo bene che le mie insinuazioni di pochi istanti prima, erano ben fondate. Che le parole che mi avrebbe scritto sarebbero state esattamente quelle che avevo previsto e al contempo, temevo come la morte. Lo sapevo meglio di qualunque altra cosa.

E così rimasi sola. Nuda e disperatamente sola.

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Quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei visto. Ed io non avrei voluto altro che poterlo avere accanto ancora per un po’.

Ancora per tutta la notte.

Avrei voluto stringermi alla protezione del suo corpo possente e dormire per la prima volta senza il peso incolmabile di un vuoto senza fine.

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Il tagliente e ormai noto vuoto della sua assenza.

Avrei voluto svegliarmi col dolce gusto di un suo bacio e il melodioso suono di ogni suo respiro.

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E fingere di essere sua. Per una volta.

Soltanto per un’ultima volta, volevo interpretare la felicità a modo mio e salutarla per sempre dicendole addio.

E invece la sola cosa che potevo fare era sperare che un giorno, in qualche assurdo spazio di tempo, lui avrebbe cominciato ad accettare dentro sé quel potente amore rinnegato per me, segretamente racchiuso nel suo cuore e smesso finalmente di scappare.

Ma non so quanto io possa ancora permettermi lo sciocco e ingenuo lusso di sognare.

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Ormai non sapevo più niente a parte il fatto che se ne era andato e quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei rivisto.

Gli ultimi baci ardenti, gli ultimi intensi sguardi sinceri, le ultime audaci carezze che toccano l’anima, gli ultimi fremiti del cuore.

Gli ultimi istanti di vita.