Ero stanca. Scossa anche. Mi ero appena seduta sul treno e d’improvviso avevo avvertito dentro me una forte e strana sensazione di nostalgia.
Sai quando ti viene una forte e inspiegabile nostalgia di casa?
Ecco, io avevo nostalgia di casa. Di lui.
Così, come quando ci si sente tristi e soli e si ha voglia di cioccolato che riscaldi il nostro cuore, io avevo voglia della sua dolcezza.
Quella che mi aveva fatta innamorare come una cretina di lui, che mi aveva fatta naufragare nei suoi occhi cristallini, che aveva risvegliato la mia, rendendomi migliore.
Così, con il cellulare tra le mani fisso sul suo nome, ho lasciato che le mie dita scorressero celeri, quella nostra infinita pagina d’amore fino alle prime parole. Quelle migliori, quelle che ti bloccano il respiro e fanno battere il cuore all’impazzata. In grado di generare sulle labbra un sorrisino così stupido e dolce da non riconoscerti più.

Parola dopo parola, cuore dopo cuore, bacio dopo bacio, più mi concentravo su quelle frasi colme d’emozioni, più lo sentivo lí, accanto a me, dove dovrebbe essere, dove non c’era più.
E mentre le lacrime mi velavano gli occhi e coprivano il mio viso, percorrevo tra i pensieri ogni istante di noi.
Ogni bacio bramato, ogni abbraccio straziato, ogni sguardo disperato, ogni discorso sospeso e capivo quanto tutto avesse un senso dentro me.

Quanto fosse impossibile fuggire da qualcosa di così spaventosamente immenso e quanto fosse stato stupido poterlo anche solo lontanamente sperare.
Era tutto più magico quando si trattata di lui, di tutto ciò che lo riguardava.
E non esisteva nulla che potevo sentire più mio del suo volto.
Ogni qualvolta che vedevo una coppia unita scambiarsi attenzioni, ogni volta che qualcuno si abbracciava o baciava davanti al mio sguardo, io mi vedevo con lui. Non potevo vedere altro che il suo corpo addosso al mio.
I suoi occhi penetrare profondamente nei miei in quegli sguardi che solo in lui avrei potuto trovare, le sue labbra incollarsi perfettamente alle mie e le sue carezze dissetare la mia pelle.

E non c’era altro individuo che avrei mai potuto immaginare al mio fianco. In qualunque luogo, strada, situazione io avessi mai potuto trovarmi, non avrei visto nient’altro che lui.
Lui era il mio luogo. La mia casa. L’unico che avrebbe mai potuto farmi sentire al sicuro dal mondo intero. L’unico che avrebbe potuto trasmettermi quel senso di appartenenza che avrei finito col cercare invano in qualcuno che sempre estraneo per me sarebbe stato.

Perché la verità è che, nonostante il tempo, la distanza, le atroci e infide sorti del destino, quel posto vuoto accanto a me, sul veloce treno della mia vita, sarebbe sempre stato suo. Soltanto suo.
