Seduta sulla metro, guardavo, tesa, le fermate che mi separavano da lui. Ancora pochi minuti e finalmente lo avrei rivisto. Dopo 1 anno…dopo un lungo anno di dolore e lacrime. Dopo così tanto tempo. Non mi sembrava vero.

Ecco che scendo. Mi guardo intorno un po’ smarrita, poi prendo le scale e salgo. Ecco che mi trovo all’uscita del sottopassaggio. Osservo ogni singola persona per cercare di scorgere, tra tanti volti, il suo. Quello del mio amore, del mio tormento, della mia felicità smarrita.
Ma non lo vedo. Con il telefono tra le mani, gli scrivo che sono scesa. Pochi istanti, e mi risponde che tra 1 minuto sarebbe arrivato aggiungendomi di salire su nel parchaggio all’aperto.
Così lo faccio. Per l’ennesima volta, senza esitare, eseguo, come una bambina obbediente, i suoi ordini e salgo. Impaziente e accaldata dal sole che mi colpiva dritta agli occhi, seguivo con lo sguardo ogni auto che passava, cercando di immaginare e captare quale potesse essere la sua. Giravo su me stessa guardando chiunque avessi attorno, ma niente. Lui non c’era.
“Dove sei? Sono davanti alla metro. Sono sceso io.” Mi scrive.
Ma come? Mi aveva detto di salire e poi scende lui? Gli avrei potuto dire che poteva evitare di farmi fare tutte quelle scale con le borse pesanti in mano e sulla spalla. Che sarei rimasta giù. Ma ovviamente non l’ho fatto. “Scendo” gli ho risposto tremante.

D’altronde, doveva essere davvero in palla pure lui. E poi, in fondo, in palla o no, non ci riesce proprio ad uscire, con lui, il mio insopportabile caratteraccio. Non so nemmeno più dove va a finire quando si tratta del suo volto. In me non sorge altro che dolcezza. Tolleranza, amore, devozione e tutto ciò che di bello possiedo e che, inconsapevolmente, emerge non appena si illumina il suo nome nel mio cielo.
Le mie gambe parevano non riuscire più a fare un passo. Tremavano. Stavo davvero faticando a reggermi in piedi, ma mancavano veramente pochi tratti ai suoi occhi e questo era sufficiente per riesumare le forze e scendere quelle dannate scale che me lo avrebbero portato d’innanzi al cuore. Scesi i primi tre gradini e di colpo mi fermai. Eccolo. Era lì. Bello, alto, massiccio, perfetto, proprio come allora. Non appena alzato il capo, mi notó. I suoi occhi si fissarono sui miei. Mi sorrise.

Turbata, scossa, emozionata, contraccambiai abbozzando anche io un sorriso sulle labbra, ma i miei occhi, beh loro, parlarono per me. Non si riuscivano a nascondere mai. Dietro a niente. “Come stai?” Sì avvicinò a me dandomi due casti baci sulle guance. “Bene dai, tu?” Risposi, mentre il mio sguardo si rabbuió repentinamante. Gli avrei gridato: “Sulla guancia? Ma sei matto? A me, che ti aspetto da mesi, che attendo le tue labbra da un lungo anno in assenza di baci altrui? Me che ti amo oltre ogni cosa…”.

Nell’aria vi era imbarazzo, un velo di gelo che mi faceva sentire tremendamente strana ma che, ben presto, sentii dissolversi di poco a poco attorno a noi lasciandoci per sempre.
Salimmo insieme le scale l’uno accanto all’altra. Con lo sguardo in fiamme, arso di desiderio, percorse tutto il mio corpo: “ti vedo in forma” mi disse, dopo avermi divorata con gli occhi. “Grazie, anche tu. Non sei più biondo però”. Risposi, allora. “Cosa? Sono diverso?” Domandó “No, ho detto che non sei più biondo. Come mai?”.
“Sì, sicuramente sono meno biondo di prima. Boh, non avevo più voglia di rifarmeli” spiegó. “Ah avevi le meches! Beh, stavi bene peró”, aggiunsi.
Appoggio il borsone nel baule della sua auto nera e salgo. Ed ecco che quel gelo, quel muro, quell’assurdo imbarazzo iniziale, sono già lontani anni luce da noi. Allaccio la cintura. “Hai smesso di fumare?” Gli chiedo, quando lo vedo inspirare fumo da una sigaretta elettronica. “Sì, ho smesso” risponde. “Bravo!” commento.

Poi la sua mano. La sento appoggiarsi delicata sul mio ginocchio. Brividi, emozioni, battiti. Dentro me sento esplodere di tutto.
Sapevo che non era finita. Sapevo che non era cambiato niente, nonostante tutto.
Nonostante i mesi lontani l’uno dall’altra, nonostante la distanza, nonostante le sue agre parole e i lunghi silenzi assensi.
“Quanto tempo. È un anno che non ci vediamo vero?” Mi dice “Sì, un anno. Troppo tempo.” Rispondo. “Sono contento tu stia bene”.
“Sì, mi fa davvero piacere rivederti”. Gli dico. “Anche a me” risponde. Dio come è difficile parlare. Sentivo un terremoto dentro me, un uragano nello stomaco cosí forte, che non so nemmeno come ho fatto a non crollare e svenire seduta stante su quel sedile.
Gli provo a spiegare alcune cose che ho fatto, come due giorni al mare con un’amica e ad ogni cosa che racconto, mi risponde “lo so, infatti, ho visto”.
Così, mi si accende l’istinto incontrollabile di sputargli addosso ciò che da tempo volevo dirgli.
“Eh, lo vedo che stalkeri! Che ti guardi tutte le mie storie!” Sorrido beffarda.
“Mmmmassí, ogni tanto guardo, sono curioso”. Risponde con fare da bambino innocente che così innocente non è. “Seeeee curioso, va la va la. Mi hai dovuto chiedere l’accesso tu per vedere il mio instagram tesoro. Ti ricordo che avevo il profilo bloccato.” Rido avvicinando il dito al suo naso.
“Beh ero curioso di vedere che cosa facevi” sorride ancora con quel suo faccino bello e dolce da morire. “Sí certo, curioso di vedere quello che facevo, va la va la” sghignazzo.
Ed ecco il silenzio. Tutto tace intorno a noi. Volto leggermente il viso verso il suo e me lo ritrovo giá completamente girato verso il mio. I suoi occhi celesti si arrestano sul mio sguardo. Li sento perdersi nei miei che si sgranano divenendo ancora più grandi di quanto già siano e arrendersi ai suoi in una profondità d’amore mai avuta prima.
Non so per quanto tempo siamo rimasti a fissarci cosí. Intensamente, perdutamente, magicamente.

Uno sguardo di puro e autentico amore. Non potrei descriverlo in altro modo. Non esistono parole per poter rappresentare una simile bellezza e meraviglia.
E nemmeno per esprimere ciò che sentii dentro in quell’istante. Era come se tutto stesse tornando ad avere un senso. Quel senso che aveva sempre avuto la mia vita da quando era apparso lui facendone, in un qual modo, parte.
“Eccoci finalmente. Di nuovo noi.”
Pensai tra me e me. “Anzi, ancora più noi di quanto non fossimo mai stati”.
“Quanto amore c’era dentro ad uno sguardo…” pensai. Non avrei mai creduto che qualcuno mi avrebbe mai potuto guardare così prima di quel momento di assoluta perfezione e magia. “Solo nei film poteva esistere uno sguardo come quello”. Rimuginai, tra me e me. “Solo nei film e nella nostra tragica favola senza fine”.
I nostri occhi non si allontanavano gli uni dagli altri. Non ci riuscivano. Ormai non vi era più alcuna distinzione tra loro. Più alcun confine. Non erano altro che un immenso oceano d’amore in cui si eravamo persi e mai più sarebbero riemersi.
“Io…io…devo darti un bacio”. Sussurrai accarezzandogli il viso e avvicinando le mie labbra alle sue. Fu dolce. Infinitamente dolce quel bacio. Era un anno che sognavo di poterglielo dare. Un lungo ed estenuante anno in cui ho sofferto come un cane a vederlo con un’altra. In cui ho pianto tutte le mie lacrime sentendomi dannatamente sola senza di lui. Un anno in cui tutto ciò che ho aspettato ora era lí, proprio accanto a me.

Nella mia testa avevo programmato di dirgli cosí tante cose. Di fargli capire chi sono, che cosa penso, quanto valgo. E invece, di tutti quei discorsi che mi ero promessa di dire, di tutte quelle frasi che avrei voluto pronunciare, non ve ne era stata traccia. Ma, del resto, a cosa serviva parlare quando i nostri occhi si stavano dichiarando molto più di un ti amo, di un mi manchi soffocato tra il respiro, di un ho bisogno di te ora e sempre?
Che valore avrebbero mai avuto milioni di parole e discorsi se la nostra verità era racchiusa completamente nello scrigno sincero dei nostri sguardi? Nessuno. Ecco la risposta.
Mi preoccupava tanto fargli conoscere me stessa, ma, inavvertitamente, aveva conosciuto alla perfezione la mia anima e tutto il suo immenso. Questo credo rappresenti ben molto di più di tutto quello che avrebbe mai potuto sapere di me e della mia tormentata vita solitaria in perenne attesa del suo ritorno.
“Oddio che bella sta canzone!” Esclamai. Non feci in tempo a dirlo che il suo dito era già sul tasto del volume per alzarlo.
“Me l’hai alzata…Grazie!” Dissi allora, un po’ in imbarazzo e al contempo stupita, cercando di frenare il mio entusiasmo e rimanere il più imperturbabile possibile.
Ma lui piegó il capo, sorrise dolcemente verso me e mi stese in un lampo con l’infinita tenerezza dei suoi intensi occhi celesti. Mi guardó in quel modo così fiero come a dire: “per te questo e altro” come a dire “sei speciale”. Come a dire: “ecco la nostra canzone. D’ora in poi ne avremo una!”.
Già. Chi l’avrebbe più scordata quella melodia così soave? Quel brano così nostro?
Fu così dolce il modo in cui mi rivolse i suoi occhi, così tenero e disarmante, che mi sciolsi in un istante. Avvicinai il mio capo alla sua spalla, poi lo alzai un attimo, ci guardammo negli occhi languidamente ancora una volta, gli diedi un lieve bacino sul braccio e, chiudendo gli occhi, lo riappoggiai accoccolandomi beatamente a lui.
“No doubts left in my mind” la canzone suonava melodiosa facendo da colonna sonora al nostro momento di indissolubile magia. E, nel profondo della mia anima, appresi subito che quella canzone, non sarebbe stata soltanto la colonna sonora di quello scenario di eterna meraviglia, perché da quel momento in poi, so, con assoluta certezza, che accompagnerà ogni istante del mio futuro. E, in un certo senso, credo anche del suo.
La sua mano che lenta mi accarezzava delicatamente il ginocchio mentre io, con le dita, percorrevo su e giù il suo avambraccio.
Ed eccola salirmi dentro, l’ondata di felicità.
Quel senso di benessere infinito che non sentivo da tempo, diffondersi in ogni singola cellula del mio corpo.
A che cosa servono le parole quando nel silenzio perfetto di uno sguardo c’è molto più di tutto quello che ci potrebbe essere in milioni di inutili frasi?
A cosa serve parlare quando ci hanno giá pensato gli occhi a dire tutto ciò che il nostro cuore ha bisogno di sapere?
“Posso morire anche adesso” pensai dentro me. Non c’era proprio nulla che mi mancava in quell’istante in cui tutto il resto svaniva dinnanzi a noi.
Mi sentivo completa.

Come se non potesse esistere al mondo altro luogo più perfetto per me di quello in cui mi trovavo.
Di lui.
Quello era uno di quei momenti, che so per certo, che tra 20 anni ricorderò esattamente come ora. Quello è uno di quei momenti che non avranno copie. Che non si potranno ripetere altrove.
Che mi mancheranno per sempre.